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L'ambiente ci cambia la vita. L'evoluzione. Dott. Matteo Balocco

L’ambiente ci cambia la vita

L’ambiente ci cambia la vita. Sembra ovvio, sarete d’accordo con me, ma le ripercussioni di questa semplice osservazioni influenzano profondamente la nostra quotidianità.

La teoria evoluzionistica… si evolve

Come tutti gli esseri viventi, per garantire la sopravvivenza della specie e prosperare, ci siamo dovuti adattare all’ambiente esterno. Grazie a questa naturale propensione all’adattamento – come ci insegna la teoria evoluzionistica darwiniana – ci siamo evoluti: dalla più piccola forma di vita iniziale unicellulare (ameba), passando per microbi, virus, piccoli organismi acquatici, fino a esseri viventi anfibi, terrestri, primati, arrivando infine all’homo sapiens e dunque all’uomo di oggi. Una vera e propria lotta per la sopravvivenza nella quale prosperano gli organismi capaci di adattarsi all’ambiente e agli altri esseri viventi che ne fanno parte.

Nuove ricerche scientifiche

Oggi questa teoria è supportata da nuove ricerche scientifiche che la completano e la arricchiscono. Secondo Darwin l’evoluzione della specie avviene come risultato di caso e necessità, invece la biologia contemporanea dimostra che l’ambiente nel quale si sviluppa un organismo ha un ruolo da protagonista nella caratterizzazione dell’organismo stesso e dunque ha un peso decisamente maggiore rispetto ai fattori “caso e necessità” darwiniani.
Esiste un esperimento – ormai molto noto – nel quale alcune cellule estratte dal fegato (epatociti) sono state messe in terreni di coltura diversi: un primo gruppo è stato messo in un liquido di coltura che era formato da cellule epiteliali della pelle, un secondo gruppo è stato messo in un ambiente di coltura formato da cellule pancreatiche. Risultato: le cellule del primo gruppo si sono trasformate in cellule epiteliali – uniformandosi alle altre – e le cellule del secondo gruppo si sono trasformate in cellule pancreatiche. Dunque in entrambi i casi le cellule estratte dal fegato si sono adattate al nuovo ambiente di coltura, trasformandosi completamente per uniformarsi alle cellule ospiti.
Questo esperimento dimostra che l’ambiente è effettivamente l’unico fattore al quale dobbiamo necessariamente adattarci per prosperare come specie, pena l’estinzione. L’ambiente produce dunque un risultato evoluzionistico.

Quale era il nostro ambiente? Facciamo due conti con la storia

A 55 milioni di anni fa risale la comparsa dei primati sulla Terra mentre l’Homo Sapiens appare sulla scena circa 300.000 anni fa. L’Homo Sapiens costruì villaggi con ripari e capanne, realizzò utensili ed abbellì la propria persona con monili, ma dobbiamo attendere la civiltà dell’antico Egitto – sviluppatasi circa 5000 anni fa – per rilevare la presenza dei primi oggetti d’arredo, quali letti, tavoli, sedute, sgabelli, casse, cassapanche, lampade e suppellettili di varia forma e funzione. Se i conti tornano possiamo affermare che l’uomo ha vissuto in un ambiente esclusivamente naturale per circa il 98% della sua storia evolutiva.
Tutto sommato non ci siamo messi comodi che da una manciata di anni!

L’uomo ha vissuto per il 98% della storia evolutiva, cioè per 295.000 anni, nella savana, nella steppa, tra i boschi, sul mare, sui laghi, sui fiumi, sotto il sole, sotto la pioggia, tra i venti, nella neve e sui i ghiacci. Viveva sotto un tetto, seduto per terra, su un masso, su un tronco; dormiva a terra, su un giaciglio di foglie o di pelli. Indossava pochi semplici indumenti. E poi camminava. Camminava a lungo. Camminava a piedi seminudi.
L’uomo ha poi cambiato stile di vita, ma le comodità erano per pochi, anzi per pochissimi. L’uomo che non apparteneva ad una ristrettissima élite continuava a vivere molto semplicemente e a svolgere lavori fisici e faticosi per buona parte della giornata, assecondano i ritmi della luce solare e l’alternanza delle stagioni. Con la Rivoluzione industriale è cambiato tutto. Ma qui stiamo parlando davvero di pochissimi anni fa perché tre secoli nella storia evolutiva dell’uomo non sono niente. Infine il boom economico del Secondo dopoguerra ha definitivamente reso accessibile all’intero mondo occidentale il comfort.

Un 2% stravolgente

Eppure in questi pochi anni di conquistata comodità, quanto ci siamo scollati dalla nostra originaria natura, dal nostro ambiente originario? Tanto. Così tanto che l’80% dei sessantenni (uomini e donne) occidentali non riesce ad accovacciarsi comodamente e questo vuol dire che la maggior parte della popolazione over 60, se si ritrovasse a vivere nella natura, non riuscirebbe neppure ad espletare le proprie funzioni fisiologiche, poiché defecare senza un wc risulterebbe impossibile dal punto di vista biomeccanico. D’accordo, nessuno di noi sarà improvvisamente privato di un gabinetto perciò questa ipotesi è assurda, però, se volgiamo uscire dal terreno delle ipotesi assurde, pensiamo alla nostra quotidianità. Quanti riescono a ricordare a quando risale un risveglio senza dolore alla schiena? Una settimana trascorsa senza almeno un’emicrania? Un mese senza un disturbo intestinale?
Se vogliamo conquistare una condizione di benessere psicofisico, dovremmo iniziare a porci queste domande e iniziare a modificare le nostre abitudini e il nostro ambiente di vita.

L’ambiente contemporaneo: una novità assoluta nella storia evolutiva

La giornata tipo dell’uomo contemporaneo inizia verso le 7.00 e prevede uno spostamento in auto o con mezzi pubblici verso il luogo di lavoro. Il lavoro si svolge solitamente al chiuso, in ambiente con luce e temperatura costanti. La mattinata procede speditamente con diverse ore di lavoro svolte nella stessa posizione, in piedi o seduti, con breve pausa caffè, probabilmente consumata al chiuso. Pausa pranzo per poi continuare a lavorare sino al successivo spostamento, questa volta verso casa, sempre in auto o sui mezzi. Per alcuni c’è tempo per un’attività sportiva o ricreativa, molto spesso l’accudimento della casa e della famiglia occupano il breve tempo che precede la cena. Il dopo cena è davanti alla TV o comunque su un divano per almeno un paio d’ore, prima del sonno.

Vedendo le cose così, elencate nero su bianco, appare evidente quanto il nostro stile ed il nostro ambiente di vita siano diversi da quelli delle nostre origini. Eppure noi siamo ancora l’Homo sapiens delle origini e quel 98% di vita trascorsa nella natura ha tutt’oggi un peso nella nostra vita. Se decidiamo di ignorare questa evidenza, dobbiamo accettare la compromissione del nostro benessere, viceversa, se cerchiamo di ripristinare uno stile di vita più semplice e naturale, possiamo godere di maggior benessere e salute. Le nostre capacità motorie, le nostre attitudini cognitive sono ancora quelle dell’originario Homo sapiens, ma sono quotidianamente mortificate. La vita di oggi cancella l’ambiente nel quale ci siamo evoluti e stravolge le condizioni naturali nelle quali l’Homo sapiens ha prosperato per la fetta più grande della propria storia evolutiva.

Nuove potenzialità, vecchie capacità

Questo non significa che stiamo involvendo completamente, evidentemente ci sono aree del nostro potenziale che stanno fiorendo. Le nostre abilità – soprattutto quelle cognitive – si stanno modificando e raggiungiamo esiti altissimi in molti ambiti della ricerca scientifica e tecnologica. Nella routine di ognuno di noi possiamo rilevare un’eccezionale quantità di stimoli e siamo in grado di gestirli contemporaneamente con una discreta facilità. Tuttavia dal punto di vista fisico e motorio stiamo involvendo, stiamo perdendo capacità essenziali come forza, resistenza, elasticità, equilibrio, destrezza e coordinazione. E non possiamo fare a meno di queste competenze, perché queste ci hanno portato ad essere gli esseri umani che siamo e sono pertanto parti fondamentali della nostra natura.
L’aspettativa di vita è cresciuta esponenzialmente nel corso della storia, con un’accelerazione eccezionale negli ultimi secoli, ma possiamo dire lo stesso del benessere fisico complessivo? Non credo, se guardiamo a tutti i sostegni fisici e farmacologici di cui abbiamo bisogno per stare bene.

Mettiamoci scomodi e torniamo sani

A questo punto sarebbe doverosa una riflessione sul movimento e sul fitness, ma lascerò questo argomento ad un prossimo e più esaustivo articolo. In questa occasione vorrei tornare a riflettere sull’ambiente che abitiamo, inteso come spazio che occupiamo quotidianamente. Dicevamo che l’ambiente naturale che si addirebbe alla nostra specie è ormai relegato a pochissime parentesi della nostra vita. Invece lo spazio in cui viviamo è fortemente antropizzato. Abbiamo pochi contatti quotidiani con la natura, viviamo in case comode, sediamo su sedute comode, camminiamo poco. Cosa possiamo fare per rendere più stimolante questa routine e soprattutto più confacente alla nostra natura umana?
Sicuramente un ruolo importante è giocato dall’arredamento e dalle abitudini legate al comfort.
Mi spiego meglio, ovviamente una sedia ergonomica, che ci sostiene, ci avvolge, ci coccola è una sedia piacevole e comoda, ma al contempo è una sedia che ci indebolisce. Infatti i nostri muscoli “si riposano” tutte le volte che non li usiamo attivamente per mantenere una buona postura. Ma se siamo costretti ad occupare una sedia per la maggior parte della nostra giornata, vuol dire che i muscoli riposano per la maggior parte del tempo, dunque si indeboliscono, si irrigidiscono, perdono capacità elastica, forza e resistenza.
Quindi se in ogni momento della nostra giornata cerchiamo comodità e comfort, se ogni giorno dell’anno ci ripariamo dagli stress esterni quali caldo e freddo, il nostro corpo perde inevitabilmente capacità condizionali e si indebolisce.

Parole d’ordine: postura attiva, respirazione profonda

Questo vuol dire che dobbiamo mangiare in ginocchio? Lavorare in piedi? Privarci del wc? No di certo. Questo vuol dire che dobbiamo prendere consapevolezza del nostro corpo anche quando non siamo in palestra per attivarne un particolare distretto. In pratica dovremmo tornare a impratichirci con due abilità basilari che stiamo perdendo: mantenere una postura controllata e corretta e respirare con movimenti ampi e profondi. Questo sarebbe sufficiente per mantenere attiva la nostra muscolatura anche quando siamo impegnati in attività sedentarie, per esempio seduti alla scrivania, sul divano o alla guida dell’auto. Per quanto riguarda gli stimoli esterni, direi che non è necessario esporsi alle intemperie o al caldo torrido che il nostro Paese sa offrirci, tuttavia lasciare che grandi e piccini sperimentino varie occasioni all’aria aperta sarebbe sicuramente una buona occasione per rinforzare le capacità di adattamento ambientale.

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